Bocconi di bacalà impanato al forno accompagnato da melanzane in agrodolce
 
Ingredienti:

500 g di baccalà
farina di semola q.b.
1limone
pangrattato
olio extra vergine d’oliva
Rosmarino

sale 
Procedimento:

Tagliare il bacalà a quadrettoni,grattugiatevi sopra la buccia di 1 limone,sale q.b e impanate il tutto con la farina di semola.

Sistemateli in una teglia con carta forno, aggiungete un filo d’olio e una manciata di pangrattato.
Spolverizzare con del rosmarino.
Infornate a 180°C per 30/35 minuti circa o fin quando non li vedrete dorati.
Serviteli caldi accompagnati da melanzane in agrodolce!Risultato ottimo!
 
ecco la fonte 
che ringraziamo per aver testato i nostri prodotti 
 

Lista della spesa (per 4 persone): 2 patate rosse, 4 manciate di piselli, panna di soia, latte di soia, noce moscata, sale, pangrattato di farro o di mais, olio evo.

Far bollire le patate fino a quando non sono morbide. Non dovete farle squagliare in cotura, mi raccomando! Appena la forchetta affonda nella patata, via dal fornello; Fate bollire anche i piselli (io avevo solo quelli surgelati e quelli ho usato). Frullate “malamente” le patate con 4 cucchiai di panna di soia, aggiungete altra panna e latte di soia. Non ho misurato le dosi, era una cenetta rapida e mi sono dimenticata. Quello che posso dirvi è che le patate prima di essere messe nello stampo devono essere piuttosto “liquidose”. Mescolatele con i piselli, aggiungete noce moscata e sale a piacere. Bagnate un pezzo di carta da forno, strizzatela e spennellatela di olio evo. Cospargete di pangrattato e mettete le patate e i piselli in crema di soia dentro ad una teglia(io ho usato una forma da plumcake in silicone). Ricoprite lo strato finale con il pangrattato e infornate a 180° per circa 30 minuti. 

 Buon appetito!

Ecco la fonte della ricetta, che io ho leggermente modificato sostituendo le patate americane con le patate rosse ROB 

http://www.laboratorioveg.it/sformato-di-patate-e-piselli/

 

rossano verze

Da questo gennaio vogliamo dare inizio ad un appuntamento periodico su questa pagina dedicando un articolo ogni mese ad un frutto o ad una verdura che coltiviamo! Iniziamo con i cavoli, verdura fra le più tipiche dell’inverno e del nostro territorio, nonchè della nostra tradizione contadina.

Il cavolo ( Brassica Oleracea ) non è una pianta sola, ormai, ma un insieme davvero complicato di specie e varietà, oltre 150, coltivate e modificate dall’uomo nei millenni, ognuna specializzata essaywritingservice nell’ingrossamento di una parte diversa della pianta. La vera pianta di cavolo selvatica (cavolo Sylvestris) la si può trovare oggi solo sulle scogliere più impervie del Mediterraneo occidentale e dell’Atlantico del nord, la sua area d’origine. Consideriamo sotto questo nome – per motivi pratici – soltanto le varietà coltivate come il cavolo cappuccio, o bianco, cavolo rosso, cavolo riccio, o verza, cavolo nero senza testa o toscano. E’ una delle piante verdi più importanti, notissima sin dall’antichità.rob verze

Catone e Plinio il Vecchio erano soliti ripetere che per sei secoli i Romani avevano curato con il cavolo tutte le malattie facendo a meno dei medici greci, e ancor oggi i medici naturisti tengono questo ortaggio in grande considerazione. nei moderni prontuari per terapeuti il cavolo ha almeno 68  indicazioni per “uso orale”, senza contare le altrettanto numerose per uso esterno.

In gastronomia ha un ruolo molto importante. Intere Regioni del globo basano la componente verde della propria dieta su questo ortaggio, apparentemente umile ma in realtà fra i più multiformi: L’Oriente, la Cina, la Germania, L’europa del Nord e dell’Est. Al naturale ha un sapore poco deciso, leggermente piccante, accompagnato, quando è cotto, da un aroma solforato caratteristico. Anticamente veniva mangiato anche crudo, poi c’è stata la moda del cavolo bollito, oggi infine si sta tornando a gustarlo crudo, finemente tagliato in striscioline, nelle insalate miste, e come contorno stuzzicante a piatti cerealicoli o a secondi piatti tradizionali.

La cattiva fama dei cavoli era dovuta appunto all’abitudine di presentarli soltanto bolliti, e bolliti a lungo. Ebbene, provare per credere:  i cavoli cappuccio, privati delle nervature bianche più grosse, da affettare e cuocere a parte più a lungo, tagliati finissimi e mangiati crudi non solo sono gustosissimi e non danno alcun odore, ma si digeriscono in metà tempo rispetto al cavolo stracotto. Naturalmente si deve masticare bene, come qualunque cibo. Indicate per la cottura sono le foglie più esterne e in particolare le foglie del cavolo riccio.
verza

      La cottura deve essere comunque effettuata al vapore, o per stufatura rapida, in modo da non fare        violenza all’alimento e renderlo più digeribile. Senz’acqua aggiunta, a pentola coperta, il cavolo            affettato e bagnato cuoce in pochissimi minuti senza emanare odore sgradevole. Dev’essere “al             dente”, ancora un po’ croccante, di un bel colore verde brillante. Se è troppo molle, e di color               verde smorto, vuol dire che è stato troppo cotto. Non deve inoltre essere cucinato insieme con            grassi animali o vegetali, né con carni: finirebbe per diventare indigesto. Oltre a vitamine – vitamina    C abbondante (47 mg), ma poco assimilabile, 6 mg di PP, A (19-83 mcg), K (100 mcg), E (8,9 mg),       D, H, B1, B2 e perfino un raro principio che protegge le mucose digestive da lesioni, ipercloridria e ulcere – il cavolo verza (varietà sabauda), dalle belle foglie verdi ricce (crispa) o a bolle (bullata), ha 1,6-3 g di proteine, 2,5 g di zuccheri, solo 0,1 g di grassi, sali minerali (potassio 260 mg, ferro 1,1 mg, calcio 60 mg, zolfo 1635 mg, cloro 100 mg, fosforo 29 mg, magnesio 15 mg, zinco 2,2 mg, manganese e vari altri  oligo elementi), acido glicuronico, mucillagini che proteggono le mucose interne. Buona la quantità di fibre (3,1 g). Le foglie esterne, che spesso sono scartate, sono ricchissime di vitamina E (8,9 mg), di beta-carotene (il precursore anticancro della vitamina A) e di clorofilla, tre difensori ideali contro tutti i tipi di tumori.
La verza contiene anche 7,3 mg di acido ossalico. La “vitamina U” che sarebbe stata scoperta nelle foglie di cavolo dagli scienziati russi, citata anche da Valnet come sostanza protettrice delle mucose gastriche, sebbene termolabile, è invece frutto di un abbaglio di ricercatori russi: nessun altro scienziato è riuscito a individuarla. Le proprietà gastro protettive del cavolo si attribuiscono ad altri principi attivi.

Il cavolo cappuccio rosso, dalle foglie lisce e croccanti di color rosso violetto, si trova al mercato privo delle foglie esterne più aperte, riteniamo per ragioni di praticità di trasporto, tanto da assomigliare a una sfera compatta è un po’ oblunga (“testa di moro”). Ed è un peccato, perché così i consumatori perdono le molte vitamine presenti nelle prime foglie.
Poco più ricco di nutrienti, più dotato di principi attivi del cavolo bianco – tranne, sembra, che per il gefarnato –  è perciò il cavolo più utilizzato in  trofoterapia, anche perché è croccante e adatto a essere mangiato crudo in insalata o conservato in salamoia (crauti).
Ha 2,6 g di proteine, 0,2 g di grassi, 10,2 g di carboidrati totali di cui 2,7 g di zuccheri, 75 mg di calcio, 62 mg di fosforo, 1,4 mg di ferro, 0,13 mg di vitamina B1, 0,5 mg di PP, 7 mcg di A e 52 mg di C. Si presenta “a palla” sui banchi di verdure o anche il più popolare cavolo cappuccio bianco, dalle foglie verdoline o bianche, lisce e compatte, meno gustoso e meno dotato di proprietà, di solito mangiato crudo e affettato nelle nelle insalate come crauti. Come per l’aglio e altri vegetali “forti”, la composizione nutrizionale non basta per spiegare tutte le incontestabili virtù preventive e curative delle diverse varietà del cavolo, dovute in gran parte alle sue proprietà extra nutrizionali, molte delle quali ancora da scoprire. Ma la scienza è ormai sicura di molte sue indicazioni, come il rafforzamento dei vasi capillari (L. Binet); l’ attività anti-ulcera era dovuta al farnesil-acetato di geranile, o gefarnato, e allo zolfo (guarigioni in 3 settimane in 62 casi su 65: Garnett-Cheney); la cura delle cirrosi (400 g al giorno: Binet, Tanret, Bour); la proprietà antiscorbuto (Leclerc); il potere antibiotico Gram-negativo (Paderson e Fisher); l’attività anti-gotta, anti-diabetica e perfino antielmintica; l’azione di disintossicazione svolta dall’acido glicuronico contro i fenoli e da alcuni aminoacidi come metionina e cistina contro i composti aromatici (naftalina, acido nicotinico, piridine ecc.); il potere chelante (cioè di legarsi ai tossici e ai radionuclidi, rendendoli poco assorbibili e facilmente eliminabili) che hanno i suoi  ditioltioni; le specifiche proprietà anticancro degli indoli e dei ditioltioni (Lee Wattenberg), oltre a quelle di vitamine E e C, clorofilla, flavonoidi, acidi fenolici come il caffeico e il ferulico, che fanno del cavolo un vero alimento “dismutageno”, un antagonista biochimico del cancro.

Il cavolo, insomma, è indicatissimo per qualunque disturbo gastrointestinale, dall’ulcera alle infezioni, e per le affezioni polmonari; è rivitalizzante, antianemico, antiscorbutico, cicatrizzante, lassativo, diuretico, digestivo, ipoglicemizzante, pettorale, anti-colitico, vermifugo, mineralizzante, antialcolico, ringiovanisce i tessuti, rafforza l’intero organismo ed è probabilmente preventivo e antagonista delle forme cancerose.

Già da molti anni S. Graham, preside della facoltà di medicina preventiva all’Università statale di New York (Buffalo), aveva scoperto in un’indagine su 256 pazienti cancerosi del Roswell Park Memorial Institute e su 783 pazienti casuali non cancerosi, che i consumatori regolari di cavoli, verze, cavolini di Bruxelles, broccoli e altre Brassicacee hanno probabilità dimezzate di contrarre il cancro al colon rispetto a chi non mangia mai questi ortaggi o li mangia raramente. L’effetto dose-risposta è preciso: più si consumano cavoli, meno ci si ammala di cancro. Il cavolo cappuccio sembra l’ortaggio più efficace in questo, anche perché è più gradevole crudo. Se lo si consuma solo una volta a settimana (una porzione regolare, meglio si abbondante), la probabilità del cancro al colon si riduce a un terzo (“American Journal of Epidemiology”).

Anni dopo L. Wattemberg su “Cancer Research” pubblica uno studio con cui documenta di aver isolato dal cavolo delle sostanze note come indoli, dimostratesi altamente protettive dal cancro in esperimenti di laboratorio. Gli indoli e i ditioltioni del cavolo hanno una grande influenza sugli enzimi che controllano il sistema di disintossicazione dell’organismo, con cui sono eliminate le sostanze tossiche e carcinogene. La stimolazione di questi enzimi libera una molecola proteica formata da tre aminoacidi (cistina, glutammina e glicina) nota come glutatione, che è capace di fagocitare e distruggere tossine e agenti del cancro. In particolare, “i ditioltioni sono i più potenti antitumorali mai osservati”, ha dichiarato T. Kensler, docente di tossicologia alla Scuola di igiene della Johns Hopkins University. In un suo esperimento, il danno dell’agente carcinogeno al DNA della cellula era diminuito del 90%. Indagini successive in Giappone, Grecia e Stati Uniti hanno esteso l’efficacia della protezione anticancro del cavolo al resto dell’intestino, allo stomaco, alla vescica e in minor grado ad altri tipi di tumori. Del resto, anche in provetta il succo di cavolo elimina le alterazioni precancerose delle cellule che preludono al tumore. Il cavolo e quindi un dismutageno, un antagonista chimico del cancro (Carper). Questa capacità protettiva delle cellule è stata confermata, sia pure soltanto da esperimenti di laboratorio, anche contro le forti radiazioni. In Germania e poi in Francia si è scoperto che il cavolo crudo mangiato prima di una irradiazione di 400 rad di raggi X, consente di salvare la vita alla metà delle cavie. Il consumo di cavolo anche dopo l’irradiazione aumenta ancor più le probabilità di sopravvivenza. Se questo esperimento fosse rapportabile all’uomo, il cavolo potrebbe costituire il cardine di una dieta preventiva antiradiazioni. Altri composti anticancro e antiradiazioni presenti nei cavoli sono i tiocianati (di cui tratteremo più avanti, come principi antinutrizionali), alcuni flavonoidi, i glucosinolati (109 mg per 100 g nel cavolo cappuccio, come riporta Carper) che sembrano capaci di neutralizzare la temibile aflatossina nel tubo digerente, i fenoli come gli acidi caffeico e ferulico, il beta-carotene e altri caroteni (nelle foglie esterne), la clorofilla e le vitamine C ed E (per lo più nelle foglie esterne).

La verza o cavolo riccio ha le medesime proprietà anticancro del cavolo cappuccio, ma in più fruisce del potere preventivo della clorofilla e dei caroteni (pari se non superiore a quello degli spinaci) di cui sono ricche le sue foglie esterne di colore verde scuro. Questa doppia caratteristica ne fa uno specifico protettore contro il cancro dei polmoni, indicato come prevenzione ai fumatori e specialmente agli ex fumatori, come ha rivelato un’indagine condotta a Singapore, citata da Carper. Un altro studio sugli anziani del New Jersey, Secondo lo stesso autore, ha evidenziato che il consumo quotidiano di due o più porzioni di ortaggi contenenti carotene e/o clorofilla riduce a un terzo il tasso di morte per cancro, rispetto a chi ne consuma appena 3/4 di porzione. Il frequente consumo di cavolo verza, soprattutto nelle sue foglie esterne più verdi, è collegato anche a un minor rischio di cancro intestinale, dello stomaco, dell’esofago, della gola, della bocca e in minor misura per gli altri tipi di tumori.

cavoli cappucci
Tutto questo, però, è vero se la verza si mangia fresca e cruda, cosa poco agevole e quasi  impossibile. A differenza del cavolo cappuccio bianco-verde o rosso, la verza si presta poco o nulla  a essere consumata cruda in insalata, a causa del forte sapore e della consistenza delle sue foglie,  specialmente quelle esterne. Quindi va mangiata cotta, meglio se al vapore. Ma la cottura, tanto più  se prolungata, degrada la clorofilla e distrugge una gran parte dei caroteni, proprio i due principi  caratteristici della verza. Tuttavia, la possibilità di consumarne una buona quantità, grazie alla      cottura breve e al vapore (le foglie devono conservare il loro colore verde scuro ed essere “al  dente”), e la maggiore percentuale di caroteni resi effettivamente disponibili per l’organismo dalle trasformazioni termiche, compensano talvolta le perdite. In terapia, quindi, la verza va scelta tra i cespi dotati di foglie più scure, consumata cruda fin dove è possibile, altrimenti sotto forma di succo centrifugato (essendo di gusto sgradevole, può essere corretto con succo di carota, sedano o pomodoro), e abbondamente come pietanza cotta.

cavolo crudo

L’attività antiulcera, come si è accennato, è un altro punto di forza del cavolo. È stato l’americano G. Cheney, docente alla Stanford University School of Medicine, a riammettere nella medicina ufficiale, sia pure in fase sperimentale, la terapia a base di succo estratto (un litro al giorno) o di cavolo intero su pazienti con ulcere dello stomaco, del duodeno e del digiuno. Su 55 pazienti ne guarirono ben 52. Il cavolo, spiega Cheney, riduce dell’83% il tempo di guarigione delle ulcere gastriche e del 72% quello delle ulcere duodenali, rispetto al trattamento ordinario. L’attività terapeutica del cavolo, però, varia molto a seconda della varietà, della stagione e del tipo di suolo su cui è cresciuto l’ortaggio. È molto più potente nel succo, più blanda nel cavolo intero. Cheney consiglia di usare solo cavoli verdi freschi, allo stato crudo, possibilmente quelli primaverili o estivi. I cavoli della varietà invernale sono meno efficaci. In India, G. B. Singh del Central Drug Research Institute di Lucknow ha chiarito il meccanismo d’azione del succo dell’ortaggio sulle mucose, rivelando che il cavolo è ricco di sostanze simili alle mucine che proteggono dagli acidi il rivestimento dello stomaco. In particolare, un principio noto come gefarnato, presente specialmente nel cavolo cappuccio verde o bianco, stimola le cellule della mucosa gastrica a produrre uno strato protettivo contro gli acidi e le sostanze dannose (Carper). Per di più, la buona presenza di vitamina K (100 mcg nella verza), che è un potente antiemorragico e coagulante del sangue, completa la protezione o la cura in    caso di ulcere gastriche.romanesco

  Una panacea, molto gustosa per di più, un rimedio per qualunque affezione, tanto è ricco di principi       nutritivi e medicamentosi. Fior di medici e ricercatori lo hanno analizzato. Basti pensare che in uno         dei più popolari manuali di trofoterapia, al solo cavolo sono dedicate ben 24 pagine.

  Nella terapia come si usa? Basta consumare una insalata di 200 g di cavolo crudo condito con olio, a       ogni pasto (2-3 settimane), come riporta Pedretti. Nelle cirrosi e nefriti Leclerc conferma la dose di         Binet, “metà crudo, metà cotto”. Nell’ulcera il cavolo assunto solo crudo. Le più recenti scoperte             confermano la perdita di attività del gefarnato durante la cottura. Tradizionale nelle campagne di ogni paese è l’uso dell’acqua di cottura di abbondanti foglie di cavolo per risolvere gli effetti di una sbornia da alcol, probabilmente grazie all’azione disintossicante sinergica delle sostanze sopra citate. Per evitare l’ingombro della cellulosa, alcuni preferiscono assumerlo sotto forma di succo estratto con la centrifuga. Quest’ultimo, tuttavia, è di gusto orribile (va mitigato con succo di carote), va bevuto immediatamente per evitare le ossidazioni dei principi attivi, e non è detto che sia ugualmente efficace.

Infine, un occhio anche al rovescio della medaglia. Come molti vegetali, specie le Crocifere, i cavoli contengono antiormoni con attività antitiroidea, detti “gozzigeni” perché un tempo, quando l’alimentazione contadina era carente di iodio, tendevano a far ingrossare la tiroide o “gozzo”. Sono i tiocianati, derivati dalla gluco-brassicina. Nelle diverse qualità di cavoli sono presenti da 2 a 31 mg di cianati per 100 g (Ferrando, Gmelin, Michajlowski). Il rischio è un freno al metabolismo, alla crescita e alle attività glandolari: può essere reale quando un enorme consumo di cavoli si unisce a una dieta carente di iodio nell’età dello sviluppo. In compenso, come si è visto, i tiocianati sono anticancro. Molte sono le applicazioni gastronomiche di un alimento così versatile. Basta ritrovare le antiche ricette popolari, della cucina definita a torto “povera”, dalle zuppe rustiche col pansecco o con i fiocchi di cereali, ai contorni, agli involtini (foglie di verza ripiene) in brodo di verdure o al forno, ai minestroni variopinti e ricchi di profumi, fino ai crauti sottosale, una vera miniera di fermenti lattici. Ma se abbiamo meditato sulle meravigliose proprietà nutrizionali e farmacologiche della drastica Brassica oleracea, non possiamo che preferirla cruda, in insalata o come contorno.

Fonte: L’Alimentazione Naturale, Nico Valerio, Ed. Mondadori

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fonte: www.inerboristeria.com

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Botte in rovere per l’affinamento dell’aceto, Acetaia ROB del Bosco Scuro

.BOTTE ACETO

                                                                     

L’aceto di mele è un valido alleato per il quotidiano benessere poichè risulta essere un ottimo e naturale antiossidante e può essere utile per aiutare a bruciare i grassi e dimagrire.Oltre a ciò, l’Aceto di mele , tra le sue proprietà benefiche contiene anche molti minerali, vitamine importanti, aminoacidi ed enzimi, così come preziosi acidi di frutta. Grazie alle sue proprietà curative è da preferire a tutti gli altri tipi di aceto. Per esempio chi soffre di bruciori di stomaco o di acidità dovrebbe condire le pietanze con l’aceto di mele piuttosto che con quello di vino.

L’aceto di mele si ottiene quando dei batteri naturalmente presenti nell’aria convertono la leggera percentuale alcolica del succo di mele in acido acetico. L’aceto di mele è meno acido dell’aceto di vino ed è quindi più digeribile.

 L’aceto di mele contiene:

  • grande quantità di potassio, fondamentale per il buon funzionamento del cuore e dei muscoli;
  • vitamine e pectina, che proteggono le cellule e i vasi sanguigni.

ROBERTO BOTTE

ROB del Bosco

all’opera nella

sua acetaia

 

 

 

 

 

 

 

 

Benefici dell’aceto di mele

  • Usato internamente elimina le tossine;
  • impacchi con l’aceto di mele aiutano in caso di gonfiori.
  • L’alto userweb62323 di calcio dell’aceto di mele agisce rafforzando il cuore e le difese immunitarie del corpo.
  • Regola il valore del pH del sangue, stimola gli organi escretori, disintossica e purifica il sangue
  • La vitamina C ed il beta-carotene possono legare i radicali liberi che distruggono le cellule e indeboliscono il sistema immunitario.
  • Gli acidi ostacolano la crescita di saccaromiceti nell’intestino e la pectina contribuisce ad abbassare il livello del colesterolo.

L’aceto di mele contiene potassio, sodio, calcio, magnesio, beta-carotene, le vitamine A, B1, B2, B6, C ed E, acido acetico, altri acidi di frutta e la pectina. Tra tutti i principi attivi il potassio, il beta-carotene e la pectina sono particolarmente efficaci per il cuore, la pelle e nella digestione.

 Cura primaverile all’aceto di mele

 In un bicchiere sciogliere 2 cucchiaini di miele con 2 cucchiaini di aceto di mele. Assumere questa miscela regolarmente per un periodo di 6 settimane, la mattina e la sera prima dei pasti. Quest’applicazione è rivitalizzante, stimola il metabolismo e quindi torna utile perdimagrire, allontana la stanchezza primaverile ed è di sostegno nelle cure di stagione.

 Come si ottiene l’aceto di mele?

 L’aceto di mele è un aceto ottenuto dalla fermentazione del sidro di mele durante il quale lo zucchero nel sidro di mele è ripartito per batteri e lieviti in alcol e poi in aceto. 

A differenza del tradizionale aceto bianco, l’aceto di mele assume una luce di colore giallo-marrone ed, essendo spesso venduto non filtrato e non pastorizzato, andrà sovente formando sul fondo della bottiglia un sedimento torbido principalmente composto da batteri acetici.

aceto ok

 La storia dell’aceto di mele

Anche se altri tipi di aceto come l’aceto bianco, l’aceto balsamico, l’aceto di vino rosso e l’aceto di riso sono utilizzati principalmente in cucina, l’aceto di mele è usato sia in cucina che per motivi salutistici, tant’è che la leggenda vuole che Ippocrate lo usasse come tonico e per combattere la cattiva digestione.

Nel 1958, DC Jarvis ne tratteggiò l’efficacia terapeutica nel suo libro di medicina popolare “Guida per la buona salute di un medico del Vermont”. Nel suo testo Jarvis consigliava l’aceto di sidro di mele come una panacea, spiegando che era insolitamente ricco di potassio (anche se rispetto ad altre fonti di cibo non lo è). Aggiungeva che, mescolando l’aceto di sidro di mele con il miele, si poteva migliorare il potere di guarigione dell’ aceto. Sempre secondo Jarvis l’aceto di sidro di mele potrebbe anche distruggere i batteri nocivi nel tratto digestivo, così da renderlo un efficace digestivo da consumare durante o dopo i pasti.Nuova popolarità venne all’aceto di sidro di mele una decina d’anni più tardi quando, alcuni lettori del testo di Jarvis, spiegarono come tale aceto (con alghe, vitamina B6 e lecitina) potesse aiutare le persone a perdere peso.

 I vantaggi dell’aceto di mele

Ad oggi, i tanti fautori dell’aceto di mele sostengono che tra i molteplici benefici vi siano la cura di: acne, allergie, artrite, sindrome da stanchezza cronica, diabete, influenza, gotta, bruciore di stomaco, colesterolo alto, mal di gola, etc. ed inoltre risulterebbe un valido aiuto per perdere peso. E’ importante tuttavia sapere che tali indicazioni non sono al momento sostenute da ricerche scientifiche costituendo, quindi, una sorta di “consigli della nonna” tramandati a livello popolare ma il cui riscontro medico resta avvolto nel mistero al punto che l’aceto di mele non può essere raccomandato per il trattamento o la prevenzione di qualsiasi problema di salute.

 La scienza medica e l’aceto di mele

Ad oggi, pochi studi scientifici hanno testato gli effetti sulla salute di aceto di mele. E’ però indicativo, utile ed istruttivo dare un’occhiata ai risultati chiave delle ricerche ad oggi disponibili per la cura di alcune malattie:

  • Diabete Alcune ricerche preliminari suggeriscono che l’aceto (in tal caso non solo quello di sidro di mele ma anche di altri tipi) possa portare dei benefici alle persone affette da diabete. In uno studio del 2007 i ricercatori hanno evidenziato come i pazienti diabetici di tipo 2 che avevano consumato due cucchiai di aceto di mele prima di coricarsi mostrassero cambiamenti favorevoli nei livelli di zucchero nel sangue la mattina seguente.
  • Pressione Arteriosa Secondo uno studio condotto nel 2001, l’acido acetico può aiutare a ridurre la pressione sanguigna. Anche in questo caso, tuttavia, non si sa se lo studio sia stato effettuato con acido acetico derivante da aceto di sidro di mele o da un altro tipo di aceto.
  • Colesterolo Secondo uno studio effettuato del 2006, i ratti nutriti con acido acetico per 19 giorni hanno presentato una riduzione significativa del colesterolo totale e dei trigliceridi.

L’aceto di mele nel “fai da te” medico

Se la scienza non aiuta molto la fiducia posta nell’aceto di mele dalla “saggezza popolare” è quasi sconfinata. Di seguito presentiamo alcuni dei trattamenti ritenuti più efficaci pur senza adeguati riscontri scientifici:

  • Forfora: Un rimedio casalingo per combattere la forfora è quello di riempire mezza tazza di caffè con una soluzione mista di aceto di sidro di mele ed acqua. La soluzione ottenuta dovrebbe ripristinare l’equilibrio del pH del cuoio capelluto e scoraggiare la crescita eccessiva della forfora. Solitamente la miscela di aceto ed acqua è versata in una bottiglia spray e spruzzata sui capelli e sul cuoio capelluto, evitando il contorno occhi e orecchie. Un asciugamano è quindi avvolto intorno alla testa per 15 minuti. Dopo di che, l’aceto può essere lavato dai capelli. L’operazione è da ripetere una o due volte la settimana.
  • Acne: Quando si usa l’aceto di sidro di mele per curare l’acne, la “miscela” è costituita da un quarto di aceto di mele e tre quarti d’acqua. Come nel caso del trattamento della forfora tale composto va quindi applicato, in questo caso tamponando il brufolo con un batuffolo di cotone imbevuto. E’ bene però fare particolare attenzione a tale trattamento e all’uso massiccio di aceto sul viso in quanto potrebbero verificarsi dei danni alla pelle.
  • Ripristino dell’equilibrio dell’acido alcalino: La teoria alla base della dieta alcalina è che il nostro sangue è leggermente alcalino (con un normale livello di pH compreso tra 7,35 e 7,45) e che la nostra dieta debba riflettere tale livello di pH. I sostenitori della teoria acido-alcalino credono che una dieta ricca di cibi che producono acido porti alla mancanza di energia, alla produzione eccessiva di muco, ad infezioni, ansia , irritabilità, mal di testa, mal di gola, congestione nasale e sinusale, reazioni allergiche, e aumento del rischio di condizioni come l’artrite e gotta. Nonostante sia una soluzione acida, alcuni sostenitori dell’aceto di mele credono che questo abbia un effetto alcalinizzante sul corpo e raccomandano dunque l’assunzione di 1-2 cucchiaini di aceto di mele in acqua come tonico per la salute quotidiana

Effetti collaterali e problemi di sicurezza dell’aceto di mele

L’aceto di mele diluito, in forma liquida o in pillola, potrebbe danneggiare l’esofago e altre parti del tratto digerente. Berlo, o bere bevande che lo contengono, potrebbe invece avere effetti negativi sullo smalto dei denti. Inoltre uno studio medico dimostra come l’eccessivo consumo di aceto di mele provoca un abbassamento del livello di potassio nel sangue ed un abbassamento della densità minerale ossea. Le persone affette da osteoporosi con bassi livelli di potassio e quelli che assumevano farmaci per abbassare il potassio dovrebbe quindi usare cautela. Così come, naturalmente, dovrebbero evitare l’assunzione di aceto di mele le persone allergiche alle mele.

Possibili interazioni farmacologiche

Teoricamente, l’uso prolungato di aceto di mele potrebbe portare ad abbassare i livelli di potassio, aumentando il rischio di tossicità dei farmaci glicosidi cardiaci come Lanoxin (digossina), insulina, lassativi e diuretici come il Lasix (furosemide). Poiché l’aceto di sidro di mele può influenzare la quantità di glucosio nel sangue ed i livelli di insulina, potrebbe avere un effetto additivo se combinato con farmaci per il diabete. Infine, potendo abbassare la pressione sanguigna, l’aceto di mele potrebbe avere un effetto additivo anche in combinazione con farmaci di alta pressione sanguigna.

 

fonte: www.inerboristeria.com

url:http://www.inerboristeria.com/files/aceto-di-mele.jpg

RCETTA 

Lasagne Vegetariane con Ragù di Seitan, Broccoli e Fagioli con l’Occhio

    Ecco una squisita ricetta di Silvia una  nostra cara amica blogger Vegana

 

Ingredienti:

1 Confezione di lasagne secche (Iris Bio)
1 Confezione di seitan macinato (Armonia e Bontà)
1 Broccolo
1 Vaso di Fagioli con l’occhio già lessati
1 Cipolla
1 Carota
1 Gamba di Sedano
Aglio
Alloro
Rosmarino
Salvia
1/3 di bicchiere di vino bianco
Olio evo
Formaggio tipo provolone piccante
Grana

clicca sul link e guarda come fare

http://iburnthings.blogspot.it/2013/12/lasagne-vegetariane-con-ragu-di-seitan.html